La presidente del Consiglio Giorgia Meloni interviene con parole chiare sul tema del riconoscimento dello Stato di Palestina. In un’intervista rilasciata a La Repubblica, la premier ribadisce la sua posizione favorevole alla nascita di uno Stato palestinese, ma al tempo stesso sottolinea che un riconoscimento anticipato e solo formale potrebbe essere controproducente.
“L’ho detto più volte, anche in Parlamento e direttamente all’Autorità Palestinese – spiega Meloni – così come l’ho detto a Macron: credo che il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia effettivamente uno Stato, possa addirittura compromettere il raggiungimento dell’obiettivo.”
“No al riconoscimento a monte, rischia di illudere”
Secondo la presidente del Consiglio, un riconoscimento simbolico dello Stato palestinese prima di un processo politico, istituzionale e territoriale concreto, rischia di trasformarsi in una mossa più diplomatica che reale. “Se qualcosa che non esiste riconosciuto sulla carta – afferma Meloni – il problema rischia di sembrare risolto, quando in realtà non lo è”.
Un’osservazione che riflette una linea di prudenza dell’Italia nei confronti della questione israelo-palestinese, in un momento di forti tensioni in Medio Oriente e con diversi Paesi europei, come Spagna, Irlanda e Norvegia, che hanno invece recentemente annunciato il riconoscimento dello Stato palestinese.
Una posizione favorevole, ma realista
Meloni tiene dunque a distinguere tra l’adesione di principio alla soluzione dei due Stati – da tempo sostenuta anche dall’Unione Europea – e la modalità con cui si dovrebbe arrivare a questo traguardo. “Io sono favorevolissima allo Stato della Palestina – conclude – ma non sono favorevole al suo riconoscimento a monte di un processo che ne stabilisca i confini, le istituzioni, la legittimazione internazionale e, soprattutto, la sicurezza per tutti i soggetti coinvolti”.
Le parole della premier italiana si inseriscono in un dibattito internazionale acceso, in cui si cerca un equilibrio tra esigenze di realismo geopolitico e il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Per l’Italia, la linea è chiara: sostenere un percorso negoziato, senza scorciatoie simboliche.