📍 Luogo: Garlasco
Il caso del delitto di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco, si arricchisce di nuovi sviluppi. Nella mattinata di martedì 23 luglio 2025, presso il tribunale di Pavia, si è tenuta un’udienza per conferire l’incarico al dattiloscopista Domenico Marchigiani, con l’obiettivo di effettuare nuovi accertamenti su impronte digitali e materiali trovati sulla scena del crimine.
Analisi su reperti mai completamente esaminati
I nuovi accertamenti disposti dalla Procura riguardano alcuni reperti recuperati all’epoca del delitto, tra cui un’etichetta in carta arancione dell’Estathé, un sacchetto della spazzatura, un sacchetto di biscotti e uno di cereali. In precedenza, la genetista Denise Albani aveva rilevato la presenza di Dna di Chiara Poggi e di Alberto Stasi, l’allora fidanzato della giovane, oggi detenuto con una condanna definitiva a 16 anni per omicidio.
Il nuovo incarico mira a cercare impronte digitali latenti sui reperti, che potranno poi essere confrontate con quelle dei soggetti che avevano accesso alla villetta, utilizzando anche i campioni del RIS di Parma raccolti su fogli di acetato già nel 2007. Sebbene all’epoca non fosse stata trovata traccia di sangue o materiale biologico sulle impronte, le tecniche di analisi odierne potrebbero offrire nuove prospettive.
La difesa di Stasi: “Indagini serie, nessuna scorciatoia”
All’udienza era presente anche l’avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi, che ha espresso il proprio favore verso il proseguimento delle indagini: «Un’indagine che aggiunge verifiche è più seria di una che ne fa di meno. Nulla è dato per scontato, si controlla tutto con rigore».
Una linea condivisa dalla Procura, che continua a esplorare ogni elemento utile, anche se il percorso investigativo si preannuncia lungo e complesso.
Esclusa la “traccia 33”: respinta la richiesta della famiglia Poggi
Non sono mancate le tensioni in aula. Il giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli ha respinto la richiesta dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, di includere nell’incidente probatorio la cosiddetta “traccia 33”, un’impronta individuata su una parete della casa. Secondo la famiglia della vittima, questa traccia poteva essere riconducibile ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e figura già emersa nelle inchieste parallele.
«La Procura estende le indagini per il condannato ma non accoglie le richieste della parte offesa», ha dichiarato Tizzoni. «Siamo noi a chiedere verifiche con un giudice terzo, eppure ci si accusa di temere la verità».
La difesa di Andrea Sempio: «Non è lui»
La replica della difesa di Andrea Sempio, rappresentata dall’avvocata Angela Taccia, non si è fatta attendere. Secondo la difesa, la traccia 33 non è attribuibile a Sempio: «Non contiene sangue, né le minuzie necessarie per una corretta identificazione». Una consulenza tecnica già depositata esclude ogni legame tra l’impronta e il giovane, che continua a ribadire la propria innocenza e si è opposto all’inserimento della traccia nei nuovi accertamenti, posizione condivisa anche dalla Procura.
Il caso resta aperto: nuove tecnologie al servizio della verità
Il caso Poggi continua a far discutere l’opinione pubblica, anche a distanza di 18 anni. La nuova fase investigativa vuole far luce su ogni possibile zona d’ombra rimasta, attraverso tecnologie che nel 2007 non erano disponibili. Resta da vedere se le nuove impronte e i residui analizzati potranno cambiare la narrazione consolidata o se confermeranno la condanna già inflitta ad Alberto Stasi.